Per andare a Ferrara serve un libro. Per conoscerne l’atmosfera servono delle pagine ben scritte. Serve la poesia e la lirica di un romanzo non comune e di un autore che decide di imporre la stessa scrittura come strumento d’espressione della propria emozione.
Giorgio Bassani e il suo « Romanzo di Ferrara » navigano con circolarità magistrale tra novelle e romanzi di una vita attraverso gli stessi luoghi e gli stessi personaggi creando une vero e proprio microcosmo con una logica interna precisa e impeccabile. L’insieme delle opere trova giustamente posto nel « Romanzo » essendovi qui un vero corpus dalla coerenza tematica.
L’autore, in quanto « poeta », sente la necessità di descrivere (in modo quasi ossessivo, fino a cristallizzare) per comprendere. A lui spetta il compito di recuperare un passato problematico. Qualcosa di traumatico. Senza pero’ entrare nelle maglie del movimento neorealista, senza dar vita a un romanzo ideologico. Lui, come Primo Levi, DEVE farlo.
Bassani é uno scrittore difficile. Bassani fa dell’esperienza dell’esclusione il pilastro fondante della sua opera. Lui é uno scrittore che vive il suo secolo e lo racconta : la nascita del movimento fascista ; l’inizio e lo sviluppo della tragedia antisemita in Italia ; l’immediato delicato dopoguerra. La storia con i suoi avvenimenti é un fil rouge che si sente, che si narra. Il 1938 e le leggi razziali sono sempre nello sfondo. Sono sempre presenti mentre a Ferrara dove gli ebrei sono borghesi e fascisti come ogni italiano patriota. Sono i volontari che hanno partecipato al primo conflitto mondiale.
Ferrara pero’ deve essere raccontata da un Bassani che la vive come prigione. Questa é per lui una prigione del passato, quello traumatico che non si puo’ dimenticare nonostante la nuova Italia desideri cancellare ogni ricordo spiacevole. Ferrara é sempre cinta da mura. Ferrara é una città che osserva e giudica. Ferrara é borghese, laica, reazionaria e fascista. Lei é la città emblematica all’interno di un’Italia che non ha saputo negarsi alla dittatura. E lui la narra attraverso storie di rotture sociologiche, restituendo una struttura logica al caos storico. La denuncia storica e la dimensione letteraria coabitano allora fedelmente.
Fuggire da Ferrara significa restarne comunque prigioniero, e se ogni personaggio é cosciente dell’alternativa, sa che al destino non si puo’ sfuggire. L’individio é continuamente prigioniero dllo sguardo dei curiosi. L’individio arriva anche al suicidio, come forma liberatoria, come desiderio estremo di fuga. Lo stesso Bassani fuggendo dalla sua città, raggiungendo Roma e Napoli, é un prigioniero della sua Ferrara.
La città é senza dubbio coprotaconista con l’io del narratore. Alla topografia viene attribuita un’importanza fondamentale in quanto anche metaforica. La città parla e si esprime. Spazio e tempo sono due dimensioni strettamente legate, immobili.
L’autore vive una missione : quasi una sorta di intermediario tra i vivi e i morti, per lui che ha il peso di essere sopravvissuto, e vuole restituire dignità a quella persone la cui scomparsa diviene banale oblio. Si incarica di mantenerne viva la memoria. Di darle quella dimensione di eternità propria della scrittura, di conservare il suo sguardo sempre rivolto all’indietro (come dice egli stesso ne « Il giardino dei Finzi Contini »), di andare alla ricerca di quel tempo perduto. (Innegabile l’influenza di Proust.)
Il romanzo é un viaggio nel passato. Fissarne le esperienze e resuscitare attimi di vita. Oltre quella frontiera simbolica e discriminante, quella divisione spaziale e sociale che puo’ essere immaginata in corso Giovecca.
La sua é vera indignazione ma evocata in modo sottile. Il peggio é cio’ che non viene raccontato. Come i campi di sterminio, oggetto onnipresente ma all’interno del campo del « non detto ».
C’é qualcosa di poetico e di estremamente enigmatico nella lettura di Bassani. Spetta al lettore tirarne le conclusioni finali, elaborare il tutto attraverso la sua coscienza.
La chiarezza e la descrizione particolarmente realista accompagnano personaggi ambivalenti e instabili in una realtà complessa. L’unica cosa evidente é la solitudine e l’esilio di un intellettuale che sente di dover rendere conto di tutto attraverso la letteratura.
Bassani vive una missione.